Quando un’opera d’arte diventa un atto d’accusa
Quando l’arte abbandona i lidi rassicuranti di musei e gallerie per farsi veicolo di un messaggio urgente, il suo impatto trascende l’estetica per divenire un atto politico di rara potenza. È quanto accaduto con l’ultima, folgorante incursione di Anish Kapoor, orchestrata in sinergia con gli attivisti di Greenpeace. Un’operazione magistrale, sia per la complessità esecutiva che per la sua dirompente carica simbolica.
L’installazione di “BUTCHERED” – un titolo che è già una dichiarazione d’intenti, “fatto a pezzi” – su una piattaforma di estrazione di Shell nel Mare del Nord, è un gesto artistico che si eleva a manifesto. L’immagine di quella vasta tela bianca, violata da mille litri di un liquido rosso sangue che sgorga dall’alto, è una metafora cruda e spietatamente efficace. È la visualizzazione della carneficina perpetrata ai danni del nostro pianeta, un’emorragia che l’industria fossile continua a infliggere impunemente. L’elogio a Greenpeace è d’obbligo: la loro perizia tecnica e il coraggio indomito hanno fornito il palcoscenico più autentico per l’urlo di Kapoor.

Lo stesso artista parla di un “grido visibile” per rendere tangibile la devastazione causata da ciò che è invisibile, l’anidride carbonica. In un mondo assuefatto a un flusso costante di notizie catastrofiche, dall’arsura mediterranea alle alluvioni, serviva un linguaggio nuovo, primordiale, che arrivasse dritto allo stomaco. Kapoor, con la sua sensibilità materica, è riuscito a condensare il dolore collettivo in una singola, potentissima immagine.
Questa performance ci interroga profondamente sul ruolo dell’arte nel nostro tempo. È ancora sufficiente contemplare la bellezza in spazi protetti, o è forse dovere morale dell’artista calarsi nell’arena del reale, sporcarsi le mani per denunciare le storture del presente? L’azione di Greenpeace e Kapoor non offre risposte facili, ma pone la domanda con una forza ineludibile, lasciandoci a riflettere sulla profonda, insanabile ferita che continuiamo a ignorare. Un capolavoro di dissenso!